Decreto Calderone
Le novità per il modo del lavoro
In attesa della discussione in Parlamento, del Disegno di Legge approvato dal Consiglio dei Ministri del 1° maggio 2023, volto a ridefinire alcune regole in materia di contratti di lavoro e ad intensificare l’attività di accertamenti dell’evasione contributiva e di definizione delle situazioni accertate di irregolarità, il 5 maggio 2023 è entrato in vigore il Decreto Lavoro (D.L. n. 48/2023) contenente una serie di novità, alcune con decorrenza immediata altre applicabili a partire dal 2024.
I principali interventi che analizzeremo, riguardano:
- l’introduzione dell’assegno di inclusione e i nuovi i nuovi incentivi per l’assunzione;
- la revisione delle regole di trasparenza dei contratti di lavoro;
- l’incremento della soglia dei fringe benefit a 3.000 euro per il 2023 e la riduzione del cuneo fiscale;
- le modifiche alla disciplina delle prestazioni occasionali in specifici settori.
Il decreto Lavoro ha previsto, inoltre:
- misure per il rafforzamento dell’attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro;
- l’istituzione di un Fondo per i familiari degli studenti vittime di infortuni in occasione delle attività formative;
- la sottoposizione alla sorveglianza sanitaria dei lavoratori domestici;
- l’incremento del Fondo nuove competenze nel periodo di programmazione 2021-2027;
- specifiche misure per il settore dell’autotrasporto e il lavoro marittimo;
- il rifinanziamento dei centri di assistenza fiscale;
- la cassa integrazione guadagni in deroga per eccezionali cause di crisi aziendale e riorganizzazione;
- incentivi per il lavoro delle persone con disabilità.
In questo articolo e nei seguenti, analizzeremo le principali misure.
Contratto di lavoro a tempo determinato
Il Decreto “Calderone” interviene sulle causali legittimanti il ricorso al lavoro a tempo determinato. Vengono infatti sostituite le stringenti causali in vigore, introdotte nel 2018 dal Decreto Dignità.
E’ possibile proseguire oltre i 12 mesi o rinnovare un contratto di lavoro a tempo determinato – entro i 24 mesi – utilizzando le seguenti causali:
- specifiche esigenze previste dai contratti collettivi, stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, ovvero dalle rappresentanze sindacali aziendali o dalla rappresentanza sindacale unitaria;
- entro il 30 aprile 2024, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti; specifiche esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva individuate dalle parti in assenza della previsione della contrattazione collettiva, previa certificazione delle stesse presso una delle apposite commissioni;
- esigenze sostitutive di altri lavoratori.
Pertanto, dal 5 maggio del 2023 e fino al 30 aprile 2024 (salvo modifiche che interverrano in sede di conversione del Decreto Legge), le parti del rapporto (datore di lavoro e lavoratore), diventano parte attiva nella determinazione delle motivazioni che portano alla scelta di prorogare o rinnovare un contratto di lavoro a tempo determinato.
Resta da capire, se questa opportunità, avrà un effetto boomerang rispetto ai potenziali ricorsi o in relazione all’attività ispettiva.
La previsione di una maggiore flessibilità nell’utilizzo dei contratti a termine, si ritiene che non porti ad una maggiore precarietà. Infatti, La Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, ha rilevato che – secondo i dati ISTAT – ad oggi il 75% dei rapporti di lavoro è a tempo indeterminato e che la maggior parte dei rapporti a termine dura meno di un anno. Per approfondire (https://fb.watch/konVHblT-E/).