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Fringe benefit o welfare aziendale: cosa conviene alle imprese?

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Dopo avere affrontato, nell'articolo precedente, il tema del cuneo fiscale, oggi parleremo della scelta, per le imprese, dell’erogazione di Fringe Benefit o di Welfare Aziendale

Con lo scopo di intervenire sul potere di acquisto dei lavoratori, le aziende si spingono sempre maggiormente, nell’introdurre politiche retributive mediante il riconoscimento di beni e servizi sotto forma di fringe benefit o welfare aziendale. 

Si tratta di misure che hanno un alto valore incentivante, ma che vanno valutate attentamente al fine di contenere il costo del lavoro. Per effettuare una valutazione economica in merito all’applicazione di una o dell’altra misura occorre, infatti, conoscere i destinatari, le fonti istitutive e le regole in ambito fiscale e contributivo. Cosa conviene di più alle imprese?

Negli ultimi anni le aziende, al fine di intervenire sul potere di acquisto dei lavoratori tenendo allo stesso tempo sotto controllo il costo del lavoro, si sono orientate nell’introdurre e implementare delle politiche retributive finalizzate al riconoscimento di beni e servizi da mettere a disposizione dei singoli lavoratori o della generalità.

Beni e servizi che possono assumere natura diversa e impatto fiscale e contributivo a seconda che vengano riconosciuti come forma integrativa di retribuzione (fringe benefit) ovvero come forma di integrazione non monetaria della retribuzione (welfare aziendale).

Vediamo di seguito le differenze tra fringe benefit e welfare aziendale

Definizioni
Fringe Benefit e Welfare Aziendale

I fringe benefits sono compensi in forma non monetaria, consistenti nella messa a disposizione di beni e/o servizi a favore dei dipendenti (o di qualche dipendente), senza obblighi in forza di normative legali.

Rappresentano forme di retribuzione in natura, anche natura incentivante, che possiamo considerare come strumenti essenziali di valorizzazione della prestazione dei lavoratori e dei collaboratori.

I compensi in natura, essendo erogati quale corrispettivo della prestazione lavorativa, hanno natura retributiva (e non liberale) con la conseguente applicazione dei principi in tema di retribuzione, e cioè:

  • possibilità di considerare il valore dei predetti compensi ai fini del calcolo di istituti retributivi indiretti o differiti;
  • obbligo del datore di lavoro di non eliminare queste corresponsioni nel caso in cui si applichi il principio dell’irriducibilità (salvo rinuncia del lavoratore).

Per Welfare Aziendale, pur non esistendo una definizione legale, si intende l’insieme di benefici e prestazioni erogato ai dipendenti nell’intento di integrare la componente monetaria della retribuzione sia in funzione di sostegno al reddito sia in funzione di miglioramento della vita privata e lavorativa.

Non si tratta quindi di elementi che assumono natura retributiva ma la loro erogazione deve rispondere a finalità di tipo assistenziale e come strumenti in grado di aiutare la conciliazione vita lavoro. Le politiche di welfare infatti devo avere come fine i principi dell’art. 100 del TUIR “Le spese relative ad opere o servizi utilizzabili dalla generalità dei dipendenti o categorie di dipendenti volontariamente sostenute per specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto, sono deducibili per un ammontare complessivo non superiore al 5 per mille dell’ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente risultante dalla dichiarazione dei redditi”

Destinatari

I fringe benefit, assumendo natura retributiva, possono essere riconosciuti al singolo lavoratore

Il welfare aziendale, invece, per beneficiare dell’esenzione fiscale e previdenziale, parziale e totale, deve essere offerto o messo a disposizione della generalità dei dipendenti o di categorie omogenee di essi.

Fonte istitutiva

Il riconoscimento del fringe benefit trova la sua fonte istitutiva nell’accordo individuale tra datore di lavoro e lavoratore all’atto dell’assunzione ovvero in un momento successivo.

Per quanto riguarda il welfare aziendale, questo viene istituito e regolamentato mediante accordo/contratto, regolamento interno.

La scelta della fonte istitutiva del welfare comporta quindi conseguenze in tema di deducibilità fiscale per l’azienda del relativo costo sostenuto: qualora infatti sia regolamentato da contratto/accordo o regolamento interno, la deducibilità ai fini IRES è del 100%; diversamente, qualora offerto come atto unilaterale da parte del datore di lavoro, senza alcuna formalizzazione, la deducibilità è limitata al limite del 5/1000 del costo delle retribuzioni sostenuto nell’anno

Valorizzazione economica e imponibilità fiscale e contributiva

I fringe benefit rientrano nel concetto generale di omnicompresività del reddito da lavoro dipendente stabilito dall’art. 51 TUIR secondo il quale, il reddito da lavoro dipendente, comprende tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro.

Sempre l’art. 51 include un’eccezione. Infatti, non concorre a formare il reddito il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati se complessivamente di importo non superiore nel periodo d’imposta a 258,23 euro e che se il predetto valore superiore al citato limite, lo stesso concorre interamente a formare il reddito.

Per quanto riguarda la valorizzazione in termini monetari dei fringe benefit, il TUIR stabilisce che questi devono essere valorizzati per il loro valore normale (prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e servizi della stessa specie o similari in condizioni di libera concorrenza ed al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati e in mancanza nel tempo e nel luogo più prossimi)

Vi sono però determinati beni e servizi che non rientrano nella suddetta. Si tratta in di alcuni beni e servizi per i quali è prevista una valorizzazione convenzionalmente stabilita dal TUIR. (Es. Autovettura ad uso promiscuo, prestiti ai lavoratori, fabbricati concessi in locazione, in uso o in comodato, ecc).

Per quanto riguarda il welfare aziendale, il valore dei beni e servizi offerti o messi a disposizione della generalità dei dipendenti non rappresenta retribuzione imponibile da un punto di vista fiscale e previdenziale per il lavoratore, con una eccezione al principio di esenzione fiscale in caso di:

– contributi di assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro o dal lavoratore ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale, che operino negli ambiti di intervento stabiliti con il decreto del Ministro della Salute), per un importo non superiore ad euro 3.615,20 annui;

– contributi versati dal datore di lavoro o dal lavoratore alla previdenza complementare del lavoratore fino a 5.164,57 annui;

In entrambi i casi, lato azienda, è dovuta dal datore di lavoro il contributo di solidarietà INPS del 10%.

Imputabilità ai fini del TFR

Secondo l’art. 2120 c.c., salvo diversa previsione dei contratti collettivi la retribuzione annua ai fini del TFR, comprende tutte le somme, compreso l’equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale e con esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese.

Pertanto, salvo diversa previsione del CCNL il controvalore dei beni e servizi riconosciuto a titolo di fringe benefit rientra nella retribuzione utile al calcolo del TFR.

Per quanto riguarda i beni e servizi del paniere di welfare aziendale, non assumendo natura retributiva, non rilevano ai fini del calcolo della retribuzione utile ai fini del calcolo del TFR.

Riepilogo e confronto

 

Fringe benefit

Welfare aziendale

Definizione

Beni e servizi riconosciuti dal datore di lavoro al lavoratore aventi natura retributiva

L’insieme di benefici e prestazioni erogato ai dipendenti nell’intento di integrare la componente monetaria della retribuzione sia in funzione di sostegno al reddito sia in funzione di miglioramento della vita privata e lavorativa.

Destinatari

Singolo lavoratore

Generalità o categorie omogenee

Fonte regolativa

Accordo individuale

Accordo o contratto collettivo

Regolamento interno

Atto unilaterale

Valorizzazione in termini economici

Non concorre alla formazione del reddito il valore dei beni e servizi fino a 258,23 su base annua

Superata tale soglia, ai fini della valorizzazione si assume il valore normale ai sensi dell’art. 9, comma 3, TUIR

Previste regole particolari di valorizzazione convenzionale

Non concorre alla formazione del reddito

Viene previsto un limite di esenzione fiscale e previdenziale in caso di:

a) Previdenza complementare fino a 5.164,57

b) Assistenza sanitaria integrativa fino a 3.615,20

Contribuzione INPS

Ordinaria (salvo il limite di esenzione di 258,23 su base annua)

Di solidarietà del 10% in caso di previdenza complementare e assistenza sanitaria integrativa

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